Sembra surreale ma ecco che, a 8 anni dalla sua dipartita, esce a cura di Elena Piccini e di Patrizia Piccini, una nuova opera di Ando Gilardi: si tratta del reprint in versione integrale, di tutti i numeri della rubrica Fotografia uscita dal 1964 al 1978 sul settimanale Vie Nuove. La consistenza è di circa 680 rubriche (nel 1964 cominciò a scriverla solo all’inizio di ottobre): un bel numero! E un bell’impegno per Gilardi che per 14 lunghi anni ha tenuto compagnia ai lettori amanti della fotografia, con le sue riflessioni e le sue incursioni tra problematiche tecniche e filosofiche che sono quelle proprie del mezzo. Il tono della rubrica era comunque divertito e divertente: si riprometteva di essere un momento di svago, come era del resto il tenore di tutto il giornale e in particolare della pagina intitolata inizialmente “Tempo libero” poi trasformata in “Hobby” che ospitava la rubrica insieme a quelle dedicate ad altri passatempi popolari. Gilardi in questo effluvio di parole fotografiche, incominciava a focalizzare i grandi temi che successivamente hanno costituito l’essenza del suo pensiero fotografico e anzi, la scrittura del ponderoso saggio Storia Sociale della Fotografia essendo uscito nel 1976, si è sovrapposta a quella della rubrica che, per quanto leggera, in quel periodo ne è stata inevitabilmente influenzata. Dal 1970 Gilardi usciva anche con Photo 13 la rivista di tecnica e cultura fotografica che in qualche modo espandeva le tematiche affrontate più sinteticamente su Vie Nuove. La scelta di editare la raccolta come anastatica è stata adottata perché lo stesso Gilardi aveva ritagliato nonché datato in autografo la pagina dal periodico ed era interessante mantenerne l’aspetto. Tuttavia i ritagli presentavano inspiegabilmente qualche lacuna e negli anni è stata intrapresa un’ardua ricerca bibliografica per ricostruirne la completezza che solo negli ultimi mesi è stata raggiunta, grazie al paziente ed esperto lavoro dei professionisti della ricerca Giuliano Grasso ed Elena Piccini. La pubblicazione è auto-prodotta e fa parte di quelle poche e sceltissime Edizioni Fototeca Gilardi; uscirà in due volumi, il primo (1964-1970) già disponibile e il secondo, in preparazione subito a seguire, è previsto in uscita entro il 2021.

La scelta di mantenere l'apparenza del ritaglio, dello scrapbook, per mantenere questo aspetto quasi intimo della raccolta, condividerlo con il lettore, non ha impedito di arricchire il reperto d'epoca con gli apparati propri di un'edizione saggistica. I testi gilardiani riprodotti fedelmente, sono stati commentati da alcuni scritti introduttivi, da alcune pagine-scenario illustrate e corredati di un indice dei titoli; strumento di lavoro molto utile avendo Gilardi un particolare dono nella scrittura di aforismi e titoli: una vera miniera di idee per chi si interessa  di fotografia.

La raccolta è introdotta da tre testi a firma di Michele Smargiassi, Daniela Giordi e Patrizia Piccini che da diversi punti di vista, hanno letto le rubriche e suggerito ai lettori la loro visione.

La rubrica era rivolta soprattutto a chi fotografava per hobby ma anche, con una certa complicità, ai fotografi professionisti; in una di queste è stata trovata la definizione non priva di autoironia del suo stesso autore, usata come sottotitolo per questa prima raccolta: “scopo supremo di questa rubrica è di educare raccontando barzellette”. E con "barzellette" l'autore sicuramente intendeva sdrammatizzare le sue opinioni, talvolta dissacranti, in materia di funzionalità di alcune attrezzature (che peraltro descriveva con competenza sulla base di esperienze dirette) e sulla validità di pubblicazioni, esposizioni o eventi fotografici. Gilardi era il primo a non prendersi sul serio. La rubrica era scritta con leggerezza, educando il lettore a dare campo libero alla sua immaginazione ma allo stesso tempo manteneva un messaggio etico, opponendosi alla persuasione occulta del consumismo e riflettendo sul ruolo dell'immagine fotografica nella società contemporanea.

Leggere oggi questa rubrica, pubblicata in versione integrale, è utile per diverse ragioni: per esempio perché illustra alcuni processi fotografici che oggi avvengono in automatico o che sono diventati funzioni di post-produzione e conoscere il principio analogico aiuta a capire come lavora lo stesso in digitale, il che vuol dire gestire più consapevolmente funzioni e automatismi. Inoltre, per chi conosce gli scritti gilardiani è utile leggere una sorta di prequel di tutti i suoi saggi, che sono tutti stati scritti a partire dalla seconda metà degli anni Settanta e in queste rubriche se ne trovano i germi.

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